Dalle parte delle vittime

La guerra in Ucraina e il dibattito che ne è scaturito in merito alla via migliore per riportare la pace in Europa, salvando il maggior numero di vite umane, mi hanno portato a rileggere alcuni testi dell’antropologo francese René Girard che hanno a che fare anche col tema di questo blog. Mi riferisco in particolare all’ultimo di una serie di testi (La violenza e il sacro, Il capro espiatorio, Vedo Satana cadere come una folgore) che hanno rappresentato l’oggetto di tutta la vita di studi dell’Accademico francese: il meccanismo mimetico che sarebbe alla base di ogni società umana e da cui scaturirebbe la violenza che mina i rapporti umani.

Girard era interessato alle cause del conflitto e della violenza, e al ruolo dell’imitazione nei comportamenti umani. I nostri desideri, ha scritto, non sono nostri: vogliamo quello che altri vogliono. Questi desideri mutuati da altri portano alla competizione e alla violenza. Diceva che il conflitto umano non è causato dalle nostre differenze, ma piuttosto dalle nostre somiglianze. Nei momenti di disordine e di massima tensione provocati da questo meccanismo mimetico, gli individui e le società scaricano la responsabilità e le colpe su degli outsider, dei capri espiatori, la cui eliminazione riconcilia gli antagonisti riportando l’unità.

Attraverso questa lente, Girard ha riletto i miti fondativi della società, giungendo a riconoscere alle scritture giudaiche cristiane ed in particolare ai Vangeli, il merito di aver smascherato il meccanismo mimetico che porta all’assassinio originario su cui si fonda ogni società umana.

Questi testi religiosi, a differenza degli altri libri sacri e dei racconti mitici, hanno il merito di aver descritto questo meccanismo persecutorio, smascherandolo una volta per tutte dall’interno. L’assassinio fondatore di ogni cultura umana (Caino e Abele) è rappresentato biblicamente dalla figura di Satana, l’accusatore, il principio di ogni comunità umana, il processo mimetico nel suo insieme.

Gesù è la vittima innocente che muore ingiustamente a causa della cattiveria umana. Da allora il mondo non sarà più lo stesso perché con la sua morte, e prima ancora con la sua predicazione che ne anticipava le conseguenze, Gesù ha svelato definitivamente il meccanismo che spinge a colpevolizzare le vittime. La sparuta minoranza, rappresentata dai suoi suoi discepoli, che dopo la sua morte e resurrezione ha portato avanti il suo annuncio, con l’aiuto del Paraclito, l’avvocato, il consolatore, ha reso possibile, da allora, che le violenze verso le vittime innocenti della storia non rimanessero nell’oblio.

Ma Girard avverte anche che, nella misura in cui la società prende coscienza di tale disvelamento, la violenza, che da un lato è stata gradualmente imbavagliata, attraverso l’evoluzione giuridica, allor quando si manifesta, lo fa con modalità paradossalmente sempre più tremende, provocando un numero di vittime via via maggiore. Non è un caso quindi che oggi la violenza mimetica, nascosta nelle ideologie (razzismo, nazionalismo, capitalismo ecc.) finisca per riportare l’umanità sotto la minaccia della distruzione totale, fungendo, al tempo stesso, da strumento ordinatore. Oggi, dice Girard, proprio il riferimento alla “bomba nucleare” e alla minaccia di distruzione totale intrinseca, rappresenta l’ombrello sotto al quale l’umanità ritrova riparo alla violenza più estrema, così perpetuando quel meccanismo rituale che vuole trovare nella violenza il rimedio a se stessa.

Alla luce di questa lettura antropologica, che condivido, vorrei provare a scorgere come il meccanismo vittimario sia all’opera anche al conflitto russo ucraino e di come possa applicarsi alle posizioni assunte nell’opinione pubblica, rispetto a questa prospettiva.

Anzitutto vi è quella parte che chiede all’Ucraina di arrendersi per evitare una escalation nucleare sul presupposto che la potenza russa sarebbe troppo superiore a quella ucraina, ma non solo. L’Ucraina sarebbe responsabile di aver provocato la Russia per l diffusa presenza di forze neonaziste nell’esercito e nella popolazione, per aver compiuto atti di genocidio nelle regioni russofile e per essersi violato la neutralità, avvicinandosi alla sfera di influenza occidentale, chiedendo l’ingresso nella NATO. In questa tesi, che rispecchia le posizioni di Putin, vedo rispecchiarsi il meccanismo vittimato che attribuisce all’Ucraina il ruolo di vittima sacrificale, il cui sacrificio, in qualità di capro espiatorio, avrebbe l’effetto di ristabilire l’ordine violato.

L’altra tesi è quella che spinge per la resistenza dell’Ucraina, sostenendo l’impegno armato di Kiev, nella consapevolezza che solo la violenza può fermare la violenza. Questa posizione è ambivalente poiché può rientrare all’interno del meccanismo mimetico, alla luce del quale la violenza russa induce ad una risposta altrettanto violenta ma può essere assunta anche come tentativo di svelamento di tale meccanismo, come risposta alla necessità di tutelare le vittime dell’aggressione.

Infine vi è il movimento pacifista che sostiene che non debbano essere inviate armi all’ucraina per non favorire altre inutili vittime. Ciò sarebbe in linea con l’atteggiamento non violento di Gesù che si offre liberamente alla sua passione e morte. Tale posizione quindi si pone chiaramente al di fuori del meccanismo mimetico ma, dal punto di vista pratico, finisce con l’avere lo stesso effetto di chi aderisce al meccanismo del capro espiatorio, causando la capitolazione e il sacrificio della vittima.

Per tale motivo, la scelta più razionale e coerente con la lettura antropologica di Girard, a mio parere, non può che essere quella di chi sostiene la resistenza, muovendosi in uno stretto sentiero necessario ad evitare l’escalation violenta, poiché è l’unica via che risponde, in concreto, alla preoccupazione all’interno di cui si muove il disvelamento del meccanismo mimetico: la difesa della vittima innocente.

A conferma della bontà di questa soluzione, vi sono le ragioni del diritto internazionale ovvero della carta delle Nazioni Unite che consente ad un Paese di sostenere, anche attraverso il sostegno militare, un altro Stato vittima di aggressione, purché la risposta sia proporzionata e mirata alla difesa di quest’ultimo e non anche all’attacco dell’aggressore. Nell’ottica girardiana, l’evoluzione del diritto internazionale ed in particolari dei diritti umani, rappresenta il frutto del progressivo smascheramento del meccanismo mimetico nel corso della storia e di come siano progrediti, nel tempo, gli strumenti che l’umanità si è data per ampliare la tutela delle vittime.

Diversamente, la tesi pacifista, pur in astratto giusta, produce in concreto degli effetti che la smentiscono, abbandonando le vittime. Ciò non toglie che anche l’ipotesi della resistenza, mediante il sostegno armato, non debba essere costantemente rivista e monitorata, per evitare che le forze mimetiche in azione possa prevalere sul desiderio di pace e che la preoccupazione per la vittime finisca per giustificare la tesi bellicista.

In evidenza

La pace dis-armata

Dare le armi oppure no all’Ucraina è un dilemma morale che non trova risposte univoche, neanche in campo cattolico. Non è una questione rispetto alla quale ci si può separare tra pacifisti e non pacifisti.

Siamo d’accordo che nell’epoca nucleare è impensabile, irrazionale e illogico credere di ristabilire il diritto violato con la guerra. Ma qui non ci troviamo di fronte ad una guerra secondo i caratteri tipici del diritto internazionale. Si tratta di un atto di aggressione verso uno Stato sovrano che nessuna minaccia aveva sollevato verso l’aggressore.

Ma se resta vera comunque la premessa, sembra mancare una risposta pratica di NONVIOLENZA ad atti di aggressione come questi. Le richiesta di resa, avanzate in maniera troppo affrettata e improvvida da alcuni intellettuali, appaiono non tenere conto del diritto delle vittime a difendersi e della richiesta di aiuto che ci arriva da loro stessi. Qui in ballo ci sono due principi, l’autodeterminazione dei popoli e la legittima difesa, che non si possono liquidare facilmente e a cui occorre dare una risposta per evitare di apparire come coloro che vivono al di fuori dal mondo o peggio, fuori dalla realtà, o dimentichi delle vittime della guerra.

A livello individuale anche personalità come Gandhi e Bonhoeffer (che conosco e amo, come ho letto e amo MLK) arrivavano a legittimare un intervento finalizzato a fermare l’aggressore. Io sinceramente faccio fatica ad essere così netto al rifiuto di un sostegno, anche militare, all’Ucraina. Il Vangelo non dà soluzioni “pratiche” per dilemmi così complessi. Perché Gesù di certo era un uomo mite ma non passivo di fronte alla prepotenza altrui.

A motivo del rifiuto di inviare armi all’ucraina, vi è il rischio una di esclation nucleare, oltre all’illogicità di una pace ricercata attraverso il rifornimento di mezzi atti a uccidere. Riguardo al rischio di una esclation nucleare non può essere esclusa del tutto. Chi si schiera contro l’invio di armi, lo fa sul presupposto di non voler essere corresponsabile di chi, cominciando la guerra, ha ravvivato questa minaccia dentro l’Europa stessa. Ma se il problema è non essere corresponsabili dei crimini di guerra, non aiutare l’aggredito a difendersi non è una omissione ancora più grave? Non solo. Occorre ribadire che l’invio di armi ad una richiesta fondata sulla legittima difesa, non avrebbe la finalità di compiere atti di rappresaglia verso il nemico bensì a limitare, rigettare l’attacco del nemico, anche con la forza.

Non vi è dubbio che le infinite atrocità anche di questa guerra mettano in oscuro quelle poche “buone notizie” che riescono ad arrivare a noi, che tuttavia meritano di essere segnalate perché offrono una prospettiva per un pacifismo, non di maniera, ma figlio di una educazione civile alla nonviolenza. Mi riferisco in particolare a: gli aiuti alla popolazione ucraina in fuga, ma anche il sostegno con aiuti e rifornimenti a chi si trova ancora in Ucraina. E ancora di più gli atti di eroico boicottaggio dei cittadini ucraini contro gli invasori russi, i disertori dell’esercito russo e i manifestanti nelle piazze russe. Ancora il boicottaggio degli aiuti all’esercito russo in Bielorussia, così come il blocco dei camion russi sul confine polacco; le azioni di hackeraggio contro il governo e i media russi e quelli contro le aziende che hanno aggirato le sanzioni. Le manifestazioni pacifiche di protesta dei cittadini ucraini contro l’esercito invasore. Coerenza vorrebbe anche che di fronte a certe oscene immagini di crimini di guerra, i governi dei Paesi occidentali rifiutano di acquistare anche le materie prime dalla Russia, pur di non cofinanziare queste azioni violente.

Tutte queste misure, messe insieme, potrebbero formulare oggetto di specifici capitoli di un manuale di pacifismo concreto e nonviolento sul quale il mondo potrebbe lavorare per contribuire a creare format di sostegno non violento che potrebbero/dovrebbero essere adottato in favore delle popolazioni aggredite militarmente.

Ma prima che tutto ciò diventi operativo, prima che il mondo si doti davvero di una forza di contrapposizione di pace in grado di intervenire nei conflitti tra Stati sovrani, oggi, nell’impossibilità di tutto questo, le speranze di pace passano attraverso la resistenza ucraina e il suo sostegno affinché possa essere messe a tacere quanto prima le ragioni delle armi e si torni a discutere sui tavoli della diplomazia.
Questo, ad oggi, è il percorso che consente di tenere insieme la ricerca della pace con la tutela migliore per le vittime della guerra.

“Non-violenza”. La pistola annodata in bronzo di Fredrik Reutersward fuori del Mémorial de Caen, in Normandia, Francia.