“Ma se io fossi vissuto in Germania ai tempi del nazismo avrei contrastato Hitler o avrei seguito la maggioranza?”
È una domanda assurda perché è impossibile rispondervi. Eppure è bene tenerla presente.
Perché ci dice l’importanza di studiare la storia per fare memoria degli avvenimenti, per il rispetto che si deve alle vittime e per il rispetto che dobbiamo a noi stessi nella costruzione di una società più umana.
La statua imbrattata di Montanelli è frutto di un cortocircuito tra la storia in gran parte ignorata da noi stessi (le leggi razziali italiane e le sue conseguenze sulle colonie) e la spinta a manifestare solidarietà alle vittime della storia di ieri e di oggi.

Se ha poco senso imbrattare e distruggere le statue (di cui si può democraticamente ottenere la rimozione) inseguendo una furia iconoclasta che finisce per dividere il mondo in buoni e cattivi, la sfida è piuttosto quella di provare a declinare diversamente la pace e la giustizia come capacità di costruire una cultura del conflitto in grado di evitarne le forme di degenerazione violenta, di far tesoro del passato e di descrivere il presente.
Ad esempio riconoscendo che la convivenza tra popoli e culture diverse non è impossibile e se lo è non può esserlo solo quando un popolo regni su altri (come pensava Montanelli).
Nella tesi IX che è al centro delle sue riflessioni sul concetto di storia Walter Benjamin scrive:
«C’è un quadro di Klee che s’intitola “Angelus Novus”. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta»

Un mondo riconciliato, secondo Benjamin, è anzitutto un presente che ha fatto i conti col passato, ricomponendo i pezzi infranti dell’umanità con l’oro, secondo la tecnica giapponese kintsugi, affinché la memoria delle ferite non sia cancellata. Così potrà forse essere raggiunto quel nuovo umanesimo che consentirà di dire basta alle ingiustizie.
Conoscere e comprendere la storia è dunque la parola chiave per costruire un umanesimo che attraverso azioni e linguaggio muovi renda giustizia alle vittime della storia, di ieri e di oggi.